lunedì 22 dicembre 2014

9. La meditazione secondo il Satipatthāna Sutta.

La mente (1).
Il Discorso affronta ora il terzo Satipatthāna, la mente. Anche in questo caso è meglio andare a vedere esattamente quali sono le indicazioni, dato che non si tratta di un generico “contemplare la mente”, le sue attività, i suoi stati. L’indirizzo è preciso.
Il Buddha suggerisce di verificare, tramite la consapevolezza se nella propria mente sono presenti degli “stati”, ovvero i rispettivi opposti. I primi quattro sono classificati dai commentari come “ordinari”, gli altri quattro sono “superiori”. Il Buddha dice:
1.    Egli sa che una mente pervasa dal desiderio è pervasa dal desiderio; egli sa che una mente priva di desiderio è priva di desiderio.
2.    Egli sa che una mente pervasa dall’avversione è pervasa dall’avversione; egli sa che una mente priva di avversione è priva di avversione.
3.    Egli sa che una mente pervasa dall’illusione è pervasa dall’illusione; egli sa che una mente priva di illusione è priva di illusione.
4.    Egli sa che una mente contratta è contratta; egli sa che una mente distratta è una mente distratta.
5.    Egli sa che una mente vasta è una mente vasta; egli sa che una mente limitata è una mente limitata.
6.    Egli sa che una mente che non ha livelli ad essa superiori è una mente che non ha livelli ad essa superiori; egli sa che una mente che può raggiungere livelli superiori è una mente che può raggiungere livelli superiori.
7.    Egli sa che una mente concentrata è una mente concentrata; egli sa che una mente non concentrata è una mente non concentrata.
8.    Egli sa che una mente liberata è una mente liberata; egli sa che una mente non liberata è una mente non liberata.

Un fondamentale atteggiamento sottende queste contemplazioni: la mente non è più, come viene sperimentata di solito, un’entità individuale o indissolubilmente legata al sistema-individuo, ma è un qualcosa che viene sperimentato tramite degli eventi, i suoi “stati”, che sono veri e propri “oggetti”, contemplabili e analizzabili secondo le loro caratteristiche qualitative. Di nuovo la visione “clinica” propria di questo Discorso, e ricordiamo che il “ritornello”, anche in questo caso, invita a portare queste contemplazioni su se stessi e su gli altri, enfatizzando gli aspetti del sorgere e del cessare degli eventi mentali. La strada indicata è quella che conduce al distacco e alla non identificazione: non si tratta di reprimere o di opporsi ad un determinato stato mentale, ma di osservarlo e di comprendere “dal vivo” come la mente, a partire da impulsi quasi impercettibili, produca pensieri, immagini, ulteriori impulsi ad altri pensieri e azioni, o anche a negazioni o repressioni che hanno lo scopo di mantenere la propria autostima (scaccio dalla mia mente un pensiero violento perché non mi piaccio quando sono aggressivo). Mantenere una consapevolezza non reattiva disattiva gli stimoli emozionali e coinvolgenti.
I primi tre stati mentali, desiderio, avversione e illusione sono le radici di tutti i fatti mentali nocivi. E qui si favorisce anche una sorta di allenamento alla distinzione tra ciò che è salutare e ciò che non lo è, distinzione non sempre facile.
 Mentre l’opposto dei tre indica uno stato mentale di assoluta positività (mancanza di desiderio, avversione, illusione), la coppia di opposti del quarto punto è formata da due elementi parimenti non salutari: la mente contratta viene intesa come preda di indolenza e torpore; per quanto riguarda la mente distratta, non è necessario parlarne, in quanto si tratta dell’esperienza primaria di chiunque si disponga a praticare la meditazione. È bene ricordare che anche in questo caso l’indicazione è la contemplazione non giudicante, non coinvolta con i contenuti che la mente distratta produce. Si tratterà di centrarsi sulla consapevolezza stessa e di “sapere”: “la mia mente è distratta”. “Superare” la distrazione è un lungo lavoro che coinvolge in primo luogo la Retta Visione, necessita di una forte dose di sincerità verso se stessi e l’aiuto di un insegnante.
Il Buddha ha però inserito in un altro discorso una sorta di “manuale contro la distrazione”, un certo tipo di distrazione. Ne parlerò nel mio prossimo post, quando concluderò la mia esposizione del terzo Satipatthāna.

Auguro a tutti coloro che si prendono la briga di leggere il mio blog buone feste e un prospero 2015. Continuerò dopo la Befana.

domenica 14 dicembre 2014

Incontro gratuito di meditazione il 21 dicembre

Ricordo che l'ultimo incontro gratuito di meditazione che terrò prima di Natale sarà domenica prossima 21 dicembre alle 10 nel Centro Yoga BKS Yiengar a via Vegezio, 6, Roma. (Zona Balduina). Non c'è alcuna formalità di iscrizione, prenotazione o altro e la conclusione è prevista per le 12.
Per informazioni telefonatemi o scrivetemi ai recapiti in basso sull'home page di questo blog.

giovedì 4 dicembre 2014

7. La meditazione secondo il Satipatthana Sutta

Le sensazioni.
Avendo terminato il lungo capitolo che riguarda il corpo, il Discorso si occupa ora del secondo Satipatthāna, le Sensazioni. Bisogna intendersi prima di tutto sul significato di questa parola in questo contesto, essendo essa, come spesso accade, un ripiego dei traduttori alle prese con complessi valori semantici. La sensazione è la risposta affettiva ad una percezione sensoriale, rammentandosi che in questo caso i sensi sono 6, essendo inclusa la mente (che “percepisce” i pensieri).
Consapevolezza delle Sensazioni significa quindi rispondere (silenziosamente o meno) a questa domanda: “questa sensazione mi piace o non mi piace”? e sostenere l’attenzione su questa presa di coscienza. Si tratta cioè di rivolgersi alle fasi iniziali del sorgere del piacere e del dispiacere, con una immediatezza tale che la consapevolezza sarà presente prima del manifestarsi, automatico e spesso doloroso, di reazioni, proiezioni, spiegazioni, intellettualizzazioni, giustificazioni.
Le implicazioni di questo esercizio sono immense, ma prima vediamo esattamente come il Buddha articola il Discorso: “Quando egli prova una sensazione piacevole, egli sa, ‘sto provando una sensazione piacevole’…” e così via, ponendo l’attenzione su sensazioni piacevoli, spiacevoli e neutre; poi su sensazioni mondane piacevoli, spiacevoli e neutre e infine su sensazioni sovramondane piacevoli, spiacevoli e neutre. Si intende generalmente che le sensazioni mondane sono quelle che riguardano il corpo, mentre quelle sovramondane sono le altre. Molti dibattiti sono stati fatti su cosa esattamente siano le sensazioni neutre, e di solito si intendono quelle percezioni, come ad esempio lo spazio di una stanza qualsiasi (e non lo spazio maestoso di una chiesa o quello angusto di una grotta), che colpiscono i nostri organi dei sensi ma che passano tranquillamente inosservate.
Dicevo quindi che il beneficio della consapevolezza delle Sensazioni è quello di disinnescare il condizionamento del “mi piace / non mi piace” che troppo spesso agisce a livelli sottili e quasi inosservabili. Ma uno sguardo complessivo alla dottrina che emerge dai Discorsi del Buddha rivela una portata enorme di questo esercizio, che giustifica pienamente la sua presenza nel Satipatthāna Sutta che, ricordo, elenca solo 4 modi di “Essere nella Consapevolezza”. Mi riferisco in primo luogo al fatto che le Sensazioni (solo le Sensazioni “mondane”) attivano le “Tendenze Latenti” di attaccamento, avversione e ignoranza (a volte chiamati “i 3 veleni”) che tanta parte hanno nel nostro essere complici nel creare con le nostre mani la nostra sofferenza. Questo passaggio è illustrato egregiamente nel Discorso della Freccia che può essere letto in italiano seguendo questo link: http://xoomer.virgilio.it/karuna/discorso%20della%20freccia.htm. La differenza tra “l’uomo ordinario e il nobile discepolo” è tutta nella frazione di secondo successiva all’essere colpiti da una freccia: l’uomo ordinario aggiunge al dolore fisico quello mentale e va subito alla ricerca (desiderio / attaccamento) di piaceri compensatori, il nobile discepolo rimane semplicemente nella consapevolezza del primo.
Le Sensazioni nascono dal contatto dei nostri sensi con i fenomeni che ci circondano. A seconda della nostra risposta affettiva generano attaccamento, avversione, ignoranza. In un discorso, il Buddha lega il sorgere di opinioni e punti di vista proprio a tale risposta affettiva. Sfera fisica, sfera affettiva, sfera cognitiva: in questo aspetto della nostra vita ci sono racchiuse tutte le nostre dimensioni. Secondo alcuni commenti alla dottrina della Coproduzione Condizionata (http://it.wikipedia.org/wiki/Coproduzione_condizionata), che riassume l’itinerario della nostra condizione umana dall’Ignoranza alla Sofferenza secondo 12 nessi di causa ed effetto, il legame sensazione-desiderio-attaccamento è l’unico che può essere rotto, per l’appunto in virtù della consapevolezza, consentendoci di uscire dal ciclo dell’esistenza mondana caratterizzata dal dolore.
Consapevolezza delle sensazioni a livelli sempre più sottili, ascolto, accettazione e indagine delle nostre reazioni automatiche in termini fisici e mentali, ce ne è abbastanza per praticare tutta la vita!

Quindi, se qualcuno è interessato a sviluppare una “pratica nella vita quotidiana”, sicuramente, portando avanti la consapevolezza del nostro continuo “mi piace-non mi piace”, magari allenandosi durante la meditazione seduta, non si farà sicuramente mancare occasioni per esercitarsi.

lunedì 1 dicembre 2014

Nuovo tempio al Santacittarama

Dopo un periodo di malattie stagionali che ha colpito me e la mia famiglia, riprenderò tra breve la mia esposizione sulle pratiche meditative del Satipatthana Sutta con la Consapevolezza delle Sensazioni. Intanto posto questo link:
dove, oltre ad una breve storia del Monastero Santacittarama, viene illustrato il progetto per la costruzione della nuova Sala di Meditazione.