lunedì 20 marzo 2017

Mahāsalāyatana Sutta

Condivido un discorso del Buddha che offre un chiaro riferimento e sostegno al testo di Buddhadasa Bhikku inserito ne precedente post. C'è da rammaricarsi per il linguaggio antiquato e la non precisione nelle traduzioni di termini che ormai sono diventati "tecnici". I Cinque Aggregati qui diventano i Cinque Tronchi dell'attaccamento! Ma spero che molti condivideranno con me quella premurosa commozione che provo accostandomi ai Discorsi.
Majjhima Nikāya 149
Mahāsalāyatana Sutta
Le sei grandi sedi
Questo ho sentito. Una volta il Sublime dimorava presso Sāvatthī, nella Selva del Vincitore, nel parco di Anāthapindiko. Là il Sublime si rivolse ai monaci: “Le sei grandi sedi, monaci, vi esporrò. Ascoltate con attenzione.
Non riconoscendo, non considerando secondo la realtà la vista, le forme, la coscienza visiva, il contatto visivo, e quel che dal contatto visivo ha origine come sensazione piacevole o dolorosa o neutra; si adagia nella vista, nelle forme, nella coscienza visiva, nel contatto visivo e nella relativa sensazione piacevole o dolorosa o neutra. Di lui adagiato, attaccato, inebriato, adescato dal godimento, aumentano in seguito i cinque tronchi dell’attaccamento; e la sua sete, produttrice di riesistenza, legata alla gioia del piacere qua e là appagantesi, anch’essa in lui cresce. E crescono in lui le pene corporali e spirituali, i tormenti corporali e spirituali, gli spasimi corporali e spirituali, ed egli soffre nel corpo e nello spirito.
Non riconoscendo, non considerando secondo la realtà l’udito, l’odorato, il gusto, il tatto, la mente; i suoni, gli odori, i sapori, i contatti, le cose; le coscienze uditiva, olfattiva, gustativa, tattile, mentale; i contatti uditivo, olfattivo, gustativo, tattile, mentale; e le relative sensazioni che dai contatti nascono; in ciò egli si adagia. Di lui adagiato, attaccato, inebriato, adescato dal godimento, aumentano in seguito i cinque tronchi dell’attaccamento; e la sua sete, produttrice di riesistenza, legata alla gioia del piacere qua e là appagantesi, anch’essa in lui cresce. E crescono in lui le pene corporali e spirituali, i tormenti corporali e spirituali, gli spasimi corporali e spirituali, ed egli soffre nel corpo e nello spirito.
Riconoscendo, considerando secondo la realtà la vista, le forme, la coscienza visiva, il contatto visivo, e quel che dal contatto visivo ha origine come sensazione piacevole o dolorosa o neutra; non si adagia nella vista, nelle forme, nella coscienza visiva, nel contatto visivo e nella relativa sensazione piacevole o dolorosa o neutra. Di lui non adagiato, non attaccato, non inebriato, non adescato dal godimento, diminuiscono in seguito i cinque tronchi dell’attaccamento; e la sua sete, produttrice di riesistenza, legata alla gioia del piacere qua e là appagantesi, anch’essa in lui svanisce. E cessano in lui le pene corporali e spirituali, i tormenti corporali e spirituali, gli spasimi corporali e spirituali, ed egli prova piacere nel corpo e nello spirito. Quella che è cognizione, intenzione, applicazione, meditazione, concentrazione secondo realtà, quelle sono le sue rette cognizione, intenzione, applicazione, meditazione, concentrazione: prima però egli si era perfettamente purificato nell’azione, nella parola, nella vita. Così in lui questo santo ottopartito sentiero raggiunge completo svolgimento, e in lui raggiungono il completo svolgimento anche le quattro avanzate nella meditazione, le quattro perfette esercitazioni, le quattro vie miracolose, le cinque facoltà, i cinque poteri, le sette parti del risveglio. A lui queste due cose servono di aggiogamento: tranquillità e chiaroveggenza. Quelle cose che sono da riconoscere o da lasciare o da svolgere o da realizzare saviamente, egli le riconosce, le lascia, le svolge, le realizza saviamente.
E quali sono le cose da riconoscere saviamente? Sono i cinque tronchi dell’attaccamento, ossia: quelli dell’attaccamento alla forma, alla sensazione, alla percezione, alla concezione, alla coscienza.
E quali sono le cose da lasciare saviamente? L’ignoranza e la sete d’esistenza.
E quali sono le cose da svolgere saviamente? La tranquillità e la chiaroveggenza.
E quali sono le cose da realizzare saviamente? La sapienza e la redenzione.
Riconoscendo, considerando secondo la realtà l’udito, l’odorato, il gusto, il tatto, la mente; i suoni, gli odori, i sapori, i contatti, le cose; le coscienze uditiva, olfattiva, gustativa, tattile mentale; i contatti uditivo, olfattivo, gustativo, tattile, mentale; e le relative sensazioni che dai contatti nascono; in ciò egli non si adagia. Di lui non adagiato, non attaccato, non inebriato, non adescato dal godimento, diminuiscono in seguito i cinque tronchi dell’attaccamento; e la sua sete, produttrice di riesistenza, legata alla gioia del piacere qua e là appagantesi, anch’essa in lui svanisce. E cessano in lui le pene corporali e spirituali, i tormenti corporali e spirituali, gli spasimi corporali e spirituali, ed egli prova piacere nel corpo e nello spirito. Quella che è cognizione, intenzione, applicazione, meditazione, concentrazione secondo realtà, quelle sono le sue rette cognizione, intenzione, applicazione, meditazione, concentrazione: prima però egli si era perfettamente purificato nell’azione, nella parola, nella vita. Così in lui questo santo ottopartito sentiero raggiunge completo svolgimento, e in lui raggiungono il completo svolgimento anche le quattro avanzate nella meditazione, le quattro perfette esercitazioni, le quattro vie miracolose, le cinque facoltà, i cinque poteri, le sette parti del risveglio. A lui queste due cose servono di aggiogamento: tranquillità e chiaroveggenza. Quelle cose che sono da riconoscere o da lasciare o da svolgere o da realizzare saviamente, egli le riconosce, le lascia, le svolge, le realizza saviamente.
E quali sono le cose da riconoscere saviamente? Sono i cinque tronchi dell’attaccamento, ossia: quelli dell’attaccamento alla forma, alla sensazione, alla percezione, alla concezione, alla coscienza.
E quali sono le cose da lasciare saviamente? L’ignoranza e la sete d’esistenza.
E quali sono le cose da svolgere saviamente? La tranquillità e la chiaroveggenza.
E quali sono le cose da realizzare saviamente? La sapienza e la redenzione.
Questo disse il Sublime. Contenti quei monaci approvarono il suo discorso.
(dal sito www.canonepali.net)

L'ABC del Buddhismo

Durante l'ultimo incontro di meditazione da me tenuto al Centro Yoga BKS Iyengar di Via Vegezio a Roma, ho distribuito un testo  di Buddhadasa Bhikku (nella foto) che ho trovato nello splendido blog www.esseredhamma.wordpress.com
L'intento era suscitare una riflessione nei partecipanti che poteva suonare così: in che modo questo testo riguarda la mia pratica della meditazione e lo sviluppo della consapevolezza nella mia vita? Questo blog può essere usato per condividere riflessioni e porre domande.
Il pregio del testo è di andare dritto al sodo di un punto centrale nell'insegnamento del Buddha: la consapevolezza nel processo di percezione e del condizionamento che può conseguirne e di regola ne consegue. Propone la difficile dottrina del Paticcasamuppada o generazione condizionata in un modo straordinariamente efficace e poco accademico; e ne fa conseguire subito delle considerazioni sui Pancupadanakkhanda (Cinque aggregati dell'attaccamento).
Sarò più che felice, nei limiti delle mie possibilità, di fornire chiarimenti a chi lo chiederà.

ABC DEL BUDDHISMO   di Buddhadasa Bhikkhu
Scritto reperito sul blog esseredhamma.wordpress.com

Amici! So che siete interessati allo studio e pratica della via buddhista per superare i problemi della vita, che potremmo riassumere in: nascita, malattia, decadimento e morte.
Vorrei perciò aiutarvi a comprendere questo argomento, in accordo alle mie capacità;
Così dovrete stare molto attenti, e cercare di comprendere ciò che sto tentando di dirvi. Vi è stato detto che il Buddha risvegliandosi scoprì il Dhamma; Oggi vorrei parlarvi di quel Dhamma scoperto dal Buddha al momento del risveglio. Quel Dhamma è definito “la legge di natura” o la legge di causa ed effetto  (Idapaccayata).
Il termine ‘legge’ è grossomodo equivalente al termine Thailandese ‘gote’. In Thailandese diciamo ‘gote idapaccayata’. Comunque sia, il termine Thailandese gote ha un significato più vasto del termine legge.
Nonostante ciò, utilizzeremo lo stesso questo termine, in quanto è il termine più comunemente usato nelle traduzioni. La legge naturale è ciò che c‘è di più alto nel Buddhismo. Il Buddha si risvegliò a questa legge. Egli disse che tutti i Buddha, quelli del passato, così come quelli del futuro, elogiarono ed elogeranno questa legge del Dharma.
Questa legge è dotata di sei qualità che sono anche gli attributi del Dio delle religioni monoteiste, ovvero le caratteristica di:

1.Creare,
2.controllare,
3.distruggere,
4.onnipotenza,
5.onnipresenza,
6. onniscenza.

Nei sistemi monoteisti, colui il quale possiede queste sei qualità è detto Dio; noi Buddhisti abbiamo questa Legge naturale come entità suprema, e guardiamo a questa legge come all’entità suprema dotata di queste sei caratteristiche. Questo è l’unico Dio accettabile dagli scienziati moderni. E’ la Legge naturale creata da nessuno.
Se c’è qualcuno o qualcosa che crea qualcosa, quella non è la legge, non è il gote, nel senso che questa parola ha in Thailandese, specialmente non è la legge dell’Idapaccayata. Questa legge è unica e include tutte le altri leggi, – tutte le leggi naturali- non le leggi create dall’uomo. Questa legge è insita in ogni atomo di cui è composto sia il nostro universo che gli altri universi, sia in senso fisico che mentale.
Dobbiamo conoscere questa legge in profondità, in quanto tale legge è ciò che governa la nostra vita ed è la causa tutti i nostri problemi. Gli esseri umani otterranno felicità o sofferenza agendo in maniera armoniosa o meno rispetto a questa legge, non attraverso il potere di un Dio personale, e neanche come risultato delle proprie ‘azioni rituali’o Karma. Ne parleremo nell’ultimo punto più avanti.
Se ci sarà pace nel mondo o meno dipenderà dal comportarsi in maniera coerente con questa legge.Vi invito a riflettere su quanto sto per dire in modo da poter valutare il potere di questa legge. Supponiamo che tutti gli dei vogliano punirci. Potremmo superare il loro potere ed essere liberi dalle loro punizioni comportandoci in accordo a tale legge. Oppure, supponiamo che gli dei vogliano benedirci. Nonostante ciò, se ci comportiamo in maniera scorretta in accordo alla legge della causalità, magari perché vogliamo essere felici, non ci sarà alcun modo in cui noi potremo ricevere le loro benedizioni. Possiamo notare come questa legge controlli ogni cosa, siano esse cose animate o inanimate. Tuttavia, i problemi sorgono e si manifestano solo nelle cose animate.
La legge della causalità può essere vista come l’equivalente buddhista del concetto di Dio creatore delle religioni monoteistiche. Questo Dio è indescrivibile e inclassificabile. Non possiamo conoscere “costui” perché non assomiglia a nessuna cosa che conosciamo.
La legge della causalità è la causa fondamentale che sostiene ogni cosa ed in ogni momento nel nostro universo; E’ ciò che crea sia le cose positive che quelle negative. Esistono sia risultati positivi che negativi, e tutto a causa di questa legge naturale. Se “costui” fosse un’entità dotata di propria personalità, “egli” sceglierebbe di creare solo cose positive. Se non desideriamo la sofferenza, dobbiamo comprendere la legge di cause ed effetto, e praticando in accordo a tale legge, otterremo i relativi benefici.
Il modo di praticare per risolvere tali problemi è detto Dhamma. Il vero problema degli esseri umani è la sofferenza, individuale e sociale. Gli esseri senzienti soffrono quando agiscono in contrasto con la legge della causalità al momento del contatto sensoriale (phassa). Vi invito a comprendere in profondità questo tema, in quanto esso è l’essenza del Dhamma.
Tutti gli esseri senzienti incontreranno la sofferenza comportandosi in maniera disarmonica in riguardo alla legge della causalità al momento del contatto (phassa); Gli esseri senzienti non incontreranno la sofferenza se si comporteranno in maniera corretta in riguardo a questa legge; tutto ciò è vero specialmente nel momento del contatto. Ora esamineremo la legge naturale in dettaglio. Essa rappresenta l’ABC del Buddha Dharma.
Alle volte è chiamata Paṭiccasamuppāda. Insieme, idapaccayataPaṭiccasamuppāda significa: la legge di causa ed effetto, ovvero l’origine dipendente da condizioni. In breve diciamo: l’origine dipendente del dukkha.
In questo contesto vogliamo parlare solamente di ciò che concerne il problema fondamentale di tutti gli esseri viventi, la sofferenza umana e l’insoddisfazione.
Per comprendere il processo del condizionamento causale dobbiamo cominciare prendendo in considerazione gli Āyatana, ovvero le sei basi sensoriali e i loro rispettivi sei oggetti dei sensi. Gli Āyatana interni sono gli organi sensoriali: occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente. Questi sono dentro di noi. Gli Āyatana esterni sono le forme, i suoni, gli odori, i sapori, il tatto e le idee o pensieri nella mente.
Notate come gli occhi entrano in contatto con le forme, le orecchie entrano in contatto con i suoni, il naso entra in contatto con gli odori, la lingua entra in contatto con i sapori, il corpo entra in contatto con gli oggetti tattili, e la mente entra in contatto con le idee. Abbiamo quindi sei coppie di Āyatana. Cerchiamo di comprendere come avviene il processo di condizionamento iniziando con la prima coppia, gli occhi e le forme:
Sulla base dell’interazione fra occhi e forme visive sorge la coscienza visiva. Ora abbiamo tre cose: l’occhio, la forma e la coscienza o cognizione. Quando questi tre s’incontrano nasce il contatto sensoriale (phassa). Questo è un aspetto molto importante da comprendere e studiare, perché Il contatto è il momento in cui l’ignoranza si può manifestare o meno.
Se ci sono le condizioni per il manifestarsi dell’ignoranza, le cose andranno nella direzione sbagliata e ciò causerà il sorgere della sofferenza; tuttavia, siamo dotati di un’adeguata consapevolezza e saggezza a presidiare il momento del contatto, non vi sarà alcuna possibilità per l’ignoranza di manifestarsi. Un tale contatto non potrà essere condizione per il manifestarsi della sofferenza. Dobbiamo studiare, praticare ed addestrarci in modo da avere consapevolezza e saggezza da impiegare esattamente al momento del contatto. 
Ora spiegherò in dettaglio il processo dell’origine dipendente: Se al momento del contatto c’è ignoranza, -lo chiameremo contatto ignorante- tale contatto causerà il sorgere di una sensazione “cieca,” o ignorante; potrebbe essere una sensazione piacevole o spiacevole, ma comunque ignorante. La chiamiamo sensazione cieca o sensazione ignorante.
Tale sensazione (Vedanā) causerà la nascita della sete cieco o sete ignorante. Con “sete cieca” (Taṇha) intendiamo un desiderare cieco, un desiderare ignorante, un desiderio erroneo, non un semplice desiderare. Dovete comprendere tutto ciò. Quando usiamo il termine sete, intendiamo il desiderio cieco, il desiderio dettato dall’ignoranza, espressione dell’ignoranza.
Questo sete cieca causerà il sorgere dell’afferrarsi (Upādāna). L’afferrarsi che sorge dalla  sete cieca è esso stesso ignorante.
L’afferrarsi può nascere in relazione a qualsiasi cosa con cui si viene in contatto, incluso l’interpretazione di questo o quel termine, (punti di vista e opinioni) o l’afferrarsi a quella cosa come “mia” e a quest’altra cosa come “Io.”
Dovreste comprendere cosa sono i cinque aggregati (khanda), perché l’afferrarsi di cui si parla è un afferrarsi a questi cinque khanda.
Il primo aggregato è il corpo (rūpa) Quando il corpo è pienamente funzionante, la mente ignorante ci si attacca considerandolo come il proprio Io, o come qualcosa di “mio” in altri casi. Così possiamo vedere alcune persone generare avversione nei confronti del proprio corpo, con cui si identificano; in altri casi costoro considerano il corpo come esso se gli appartenesse davvero, come il “mio” corpo. Questo è il primo khanda, l’aggregato della corporalità.
Il secondo aggregato è quello delle sensazioni (vedanā). Quando sorge una qualsiasi sensazione nella mente, la mente ignorante la registra come la “mia” sensazione, o come Io sono questa sensazione.
Il terzo aggregato è chiamato discriminazione (Saññā). La sua funzione è di discriminare qualcosa come “questo” o “quello“, come “questi” o “quelli“, oppure come questa è la “mia felicità“ o la “mia sofferenza,” o come “buono” e “cattivo.”In alcuni casi, la mente si afferra alla discriminazione percependola come il proprio Io. In altri casi, la discriminazione è considerata come “mia”, la “mia discriminazione.” possiamo notare che lo stesso elemento può essere afferrato in due modi, come colui che agisce o come l’atto in se stesso.
Poi abbiamo il quarto aggregato soggetto all’afferrarsi, le intenzioni (saṅkhāra) saṅkhāra in questo caso ha un significato speciale. Letteralmente saṅkhāra ha il significato di formare, ma in questo contesto specifico indica le formazioni mentali, i pensieri, le intenzioni. Come verbo saṅkhāroti significa condizionare, far sorgere, causare. Come pronome ha il significato di formazione, l’atto del formare.
In questo caso sta ad indicare il pensare, perché pensare è far sorgere o causare la nascita del concetto che si sta formando proprio ora nella mente della persona ignorante.
Così ci si attacca a ciò pensando “Io penso” o “questi sono i miei pensieri.” dovreste cercare di notare tutto ciò, riflettendo per conto proprio; osservate come l’afferrarsi lavori in questi due modi.
Ora passiamo al quinto ed ultimo Khanda, l’aggregato della coscienza (Viññāṇa).
Esso include la cognizione di tutto ciò che entra in contatto con gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua, il corpo e la mente. La persona ignorante si attaccherà alla coscienza o all’insieme delle coscienze come “questo è il mio Io”, l’Io che è cosciente, o pensando: “queste sono le mie coscienze”. Queste sono le due modalità.
Così, abbiamo in tutto cinque gruppi soggetti all’afferrasi. Potete osservare come diveniamo attaccati a molte cose, sia dentro che fuori di noi, come ci attacchiamo ed afferriamo a queste cose. Tutto ciò avviene per mezzo della mente, come “ Io” o come “mio.” Sono entrambi concetti erronei, che non corrispondono cioè alla realtà.
In ogni caso, è solamente attraverso l’ignoranza che i concetti di “Io” e “mio” sorgono in relazione a tali fenomeni. Ora, torniamo all’afferrarsi che si sviluppa nel processo di Idappaccayata. Questo afferrarsi causa il sorgere dell’esistenza (Bhava). Bhava è il venire ad essere di qualcosa, ovvero del senso illusorio di un Io. Il sorgere del sé o Io è causato dall’afferrarsi. C’è l’afferrarsi a qualcosa di illusorio tramite pensieri illusori che come conseguenza causano il venire ad essere illusorio. (bhava). A questo punto è venuto ad essere un Sé, anche se ancora al suo stadio infantile. Tutto ciò è chiamato Bhava o divenire.
Il divenire causa il sorgere della “nascita” (jāti) .A questo stadio il Sé è pienamente formato e pronto per svolgere la sua funzione: esistere in quanto ‘Io’, come individuo, come un sé sostanziale. In questo momento c’è un ‘essere’ quella cosa immaginata come il proprio ‘Sé’ o ‘Io’. A questo punto, l’Io illusorio è sorto nel processo del sorgere dipendente.
Questo ‘Io’ pensa, agisce e parla in dipendenza dell’afferrarsi. Quindi l’ Io agisce e parla in maniera ignorante, come ad esempio “questo sono Io” o “questo è mio,” o anche “ questa è la mia nascita, la mia vecchiaia, la mia malattia, la mia morte.” Ogni cosa si trasforma in un problema per un tale sé, e questo causa un sacco di problemi alla mente, cosi che la mente sperimenterà sofferenza ed insoddisfazione in qualsiasi situazione.
Questo è il sorgere dipendente, il modo in cui si manifesta la sofferenza nella mente-cuore. In realtà, la sofferenza sorge nella mente, anche se come abbiamo già detto, si pensa che ciò accada all’ Io.
Comunque, se abbiamo una consapevolezza-saggezza adeguata, possiamo apportare tale consapevolezza e saggezza in questo processo nel momento del contatto. Per mostrare come, ripeteremo l’intero processo dall’inizio.
In dipendenza dell’interazione fra l’organo visivo ed un oggetto visivo, sorge una coscienza di tipo visivo. Questi tre insieme causano la nascita del contatto (Phassa). Ora, una persona dotata di un’adeguata consapevolezza-saggezza, al momento del contatto, potrà usare tale consapevolezza-saggezza per governare il contatto. Così sarà un contatto improntato alla saggezza.
Tale contatto saggio, non produrrà una sensazione ignorante, ma una sensazione improntata alla saggezza. Siccome la causa è governata dalla saggezza, quel contatto farà nascere una sensazione saggia (non afflitta). La sensazione saggia non potrà far sorgere la sete cieca, ma causerà il sorgere di un desiderio saggio (volizione non afflitta). Dobbiamo distinguere questa modalità da quella del contatto ignorante. Il contatto saggio o contatto risvegliato farà nascere una sensazione saggia, sia che l’esperienza sia di tipo piacevole o spiacevole.
Questa è la sensazione saggia nata attraverso la consapevolezza. Tale sensazione non causerà la nascita della sete cieca, ma solo del desiderio saggio, che non può neanche essere chiamato desiderio. Quindi abbiamo il desiderio saggio. Tale desiderio saggio non può causare il sorgere dell’afferrarsi.
Così non ci sarà afferrarsi al concetto illusorio dell’“Io” e del “mio,” quindi niente venire ad essere del sé e niente nascita del sé. Non ci sarà alcun sé, ovvero niente Io né mio. Di conseguenza, niente potrà venire in contatto con questo Io, perché senza Io non ci sarà più alcun problema per la mente.
Potete notare come vi siano due tipi di sorgere dipendente: il primo governato dall’ignoranza ha come risultato la sofferenza. Il secondo governato attraverso la consapevolezza-saggezza segna la fine di tutti i problemi.
Questa è la legge naturale che non è stata creata da nessuno; questa legge si sostiene da sé.
Dobbiamo comprendere ciò. Questo è ciò che il Buddha scoprì al momento del risveglio. Egli si risvegliò a questa legge, conosciuta con il Dhamma supremo, inchinandosi ad essa al momento del risveglio. Consideriamo questo Dhamma, il Dhamma del sorgere dipendente, come l’entità suprema. Vi invito a fare esperienza di ciò; questa è la via buddhista per l’emancipazione da ogni sofferenza.
Ora vorrei ricapitolare ciò di cui abbiamo parlato. Questo è l’ABC del Dhamma Buddhista.
Ognuno di noi dovrebbe cominciare a studiare e a praticare il BuddhaDhamma partendo da questo ABC. Imparate dalla vostra vita quotidiana attraverso gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua, il corpo e la mente, mentre questi stanno svolgendo la loro funzione di vedere, sentire, odorare, gustare, toccare e pensare.
Non cercate di imparare queste cose tramite i libri, puntate all’esperienza diretta. Ci sono il corpo e gli organi di senso che entrano in contatto con le cose attorno a noi; abbiamo un corpo, occhi, orecchie, naso e lingua, e quindi dovreste comprendere il loro funzionamento attraverso questi stessi organi.
Se volete studiare e comprendere il BuddhaDhamma, dovete cominciare studiando queste cose, il cosiddetto ABC del Buddhismo.
Non cominciate i vostri studi dagli immensi sistemi filosofici pre buddhisti indiani o in modi simili. Vorrei invitarvi a studiare il BuddhaDhamma iniziando da queste sei coppie di Āyatana: i sei organi di senso e i loro rispettivi oggetti sensoriali, nel momento del loro funzionamento nella vostra vita di tutti i giorni.

lunedì 13 marzo 2017

19 marzo - Incontro gratuito di meditazione

Con l'avvicinarsi della bella stagione può essere difficile decidere di dedicare una domenica mattina alla meditazione.
Nondimeno, spero i prossimi incoltri al Centro Yoga BKS Iyengar di via Vegezio 6, Roma (Balduina) registrino la solita buona partecipazione.
Andiamo avanti sul tema del Raccoglimento, proponendo nuovi spunti per l'applicazione dell'attenzione. Sullo stesso tema sarà anche l'incontro del 2 aprile. Per quanto riguarda maggio e giugno, vedremo.
L'appuntamento come al solito è alle 10 e l'incontro durerà circa 2 ore. Il centro è ben provvisto di tutto quel che necessita per sedersi. I principianti assoluti e anche i semplici curiosi (provvisti di buona volontà per stare seduti e attenti) sono i benvenuti. Dopo una prima meditazione guidata, prima di un secondo periodo, ci sarà spazio per la condivisione dell'esperienza o per delle domande.
Saranno in distribuzione gratuita dei testi gentilmente offerti dal Monastero Santacittarama.