lunedì 23 novembre 2015

Esperienze di desiderio

Lo scorso 8 novembre ho tenuto nel centro B.K.S.Iyengar di Roma la mia ormai consueta domenica di meditazione, che ha visto un’ottima partecipazione. Per la prima volta, però, non mi sono limitato a guidare meditazioni di consapevolezza e ad una sessione di domande e risposte ma ho affrontato, in modo esperienziale, un importante punto dell’insegnamento del Buddha, vale a dire il desiderio visto nell’ottica dei 5 ostacoli così come sono esposti nel Satipatthana Sutta.
Il mio intento non è certo quello di esporre o far conoscere sistematicamente la Dottrina del Buddhismo Theravada. Per questo ci sono (anche se in italiano non poi così tanti) ottimi testi. Per chi volesse approfondire il tema del desiderio un possibile rimando è al libro di Ajahn Analayo presenti nella pagina Bibliolink di questo blog:
(http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/buddhismo/escursioni1.pdf dove l’Autore tratta del desiderio proprio all’inizio).
Semmai, in questo e nei prossimi incontri vorrei proporre un altro possibile sapore della meditazione di Consapevolezza, quello più ingranato nei vari modi in cui la nostra mente affronta e reagisce alla realtà e all’esperienza. E questo, in parole povere, è il quarto Satipatthana, i Dhamma, cioè la consapevolezza dei fenomeni.
Il desiderio, quindi. Durante il primo periodo di meditazione, dopo aver suggerito abbastanza a lungo di centrarsi sul corpo e sul respiro, ho invitato i presenti a portare la propria attenzione agli organi del senso del gusto e a notare cosa accadeva nel far questo.

Il desiderio, nel Satipatthana Sutta, è il desiderio di gratificazione sensoriale, e ho proposto questo esercizio sapendo che in ogni momento ci può essere un bisogno, un’inclinazione, un ricordo, il senso di una mancanza relativa al piacere procurato da un determinato senso, e il gusto mi è parso il più adatto da essere evocato durante una sessione di meditazione formale. Anche in questo caso la consapevolezza può essere strutturata nel solito modo: che cosa è (cosa sta accadendo ora sotto la luce dell’attenzione così indirizzata?) e com’è (sentire tutte le caratteristiche dell’esperienza).
Quindi il desiderio, nelle sue basi corporee, emozionali e mentali, può essere un oggetto di contemplazione, e sapere questo è un forte cambiamento rispetto alla realtà dei condizionamenti e delle abitudini che di solito ci governano. Tra l’altro il desiderio è spesso oggetto di un grosso fraintendimento, quando si dice che il Buddha ha prescritto la sua eliminazione e una vita priva di questo tipo di energia. Lo sviluppo indicato dal Buddha è piuttosto un lavoro di trasformazione che parte dall’accettazione, dalla consapevolezza, dalla contemplazione, dall’impegno e da saldi presupposti etici.
Il desiderio e le sue modalità vanno conosciute e da una conoscenza diretta potremo, se vorremo, svincolarci dalla dipendenza che scaturisce dalla reazione ai processi percettivi. I fenomeni, esaminati, risultano impermalenti e inaffidabili. Isolando questa energia essa può rendersi disponibile per essere ben indirizzata per progredire.
La consapevolezza volta a quanto viene percepito è quindi il primo passo per scongiurare la pervasività del condizionamento del desiderio. Nelle scritture ci sono poi diverse altre pratiche indirizzate a tal fine, alcune francamente inapplicabili, come la contemplazione di un corpo in decomposizione. Però, come ho detto durante l’incontro, magari ogni tanto è bene ricordarsi che non siamo destinati a campare a lungo, e che il nostro corpo, per certi versi meraviglioso, per certi altri è disgustoso.
È raccomandata anche la moderazione nel mangiare, così come la consapevolezza della felicità derivante dal contentarsi con poco. Si può cominciare rifiutando l’ideologia corrente della ricchezza e del possesso a tutti i costi, e sviluppare una visione nuova e centrata .
Mi rendo conto che l’argomento è vasto e quello che ho offerto durante l’incontro è molto poco. Però i partecipanti hanno mostrato di recepire la sostanza della pratica: osservare un desiderio, scinderlo nelle sue componenti corporee emozionali e mentali, accorgersi che i desideri sono sempre in agguato col loro carico di condizionamento. E io so che quando un’esperienza è vissuta per bene può avere delle risonanze inaspettate.

E quindi nel prossimo incontro di domenica 29 novembre tratteremo del secondo ostacolo: l’avversione, sempre in una modalità esperienziale. Ore 10, centro Yoga B.K.S Iyengar, via Vegezio 6 Roma. Contattatemi per info.

lunedì 2 novembre 2015

I CINQUE OSTACOLI – INFO DI BASE.

QUALI SONO I CINQUE OSTACOLI?
1.    Desiderio dei sensi.
2.    Avversione.
3.    Indolenza e torpore.
4.    Irrequietezza e preoccupazione
5.    Dubbio.




IN QUALE DISCORSO IL BUDDHA PARLA DEI CINQUE OSTACOLI?
Il Buddha parla dei cinque ostacoli in numerosissimi discorsi, ma in questo contesto a noi interessa riferirsi a quanto detto nel Satipatthana Sutta. È interessante e non priva di significato la loro posizione nell’ambito di questo Discorso che inizia, come è noto, nel fondare la pratica nella consapevolezza del corpo. Il passo successivo è esaminare le reazioni emotive alla percezione (Vedanā), in pratica accorgendosi dei moti di attrazione o repulsione che proviamo di fronte a un’esperienza. L’esperienza, tanto quella ordinaria quanto quella meditativa, è inoltre accompagnata da un variare del tono qualitativo della nostra mente (avidità, rabbia, confusione, concentrazione eccetera), e anche su questo si è invitati ad appuntare la consapevolezza. Poi si passa a cinque Dhamma, che potremmo descrivere come elementi della dottrina considerati esperienzialmente. La loro successione conferma quanto osservabile in generale nel discorso: il Buddha elenca gli elementi su cui portare l’attenzione in una sequenza dal più grossolano al più sottile in una progressione che indica una strada di pratiche sempre più vicine all’obbiettivo finale (anche se questa successione ideale trova spesso ben poco riscontro nella propria pratica). I Cinque Ostacoli sono il primo Dhamma. (gli altri quattro sono i Cinque Aggregati dell’attaccamento, le sei Basi dei Sensi, i sette Fattori del Risveglio e le Quattro Nobili Verità.

PERCHE’ (SOLO) CINQUE?
E’ difficile dare una risposta a questa domanda senza affidarsi alla lungimiranza e saggezza del Buddha. Alcuni maestri hanno però notato come questi Cinque Ostacoli corrispondano a delle tendenze energetiche di base presenti negli esseri umani: andare verso, respingere, cadere nell’inazione, eccitarsi, vacillare. Quando si incontra nella propria vita o nella propria pratica una determinata tendenza, più o meno disturbante, possiamo chiederci quale sia la sua qualità energetica e molto probabilmente ci sarà facile trovare una corrispondenza nelle succitate tendenze. Si dice a volte che nel Buddhismo dei Sutta ci sia poca enfasi sulla paura. Alla luce di quanto sopra si può invece praticare chiedendosi: “la paura che provo mi blocca, mi eccita mi manda in confusione….?” Stare con la paura può diventare quindi consapevolezza di uno o più ostacoli.

OSTACOLI A COSA?
Si tratta di ostacoli mentali che impediscono lo sviluppo della mente, la distraggono e la disturbano, possono addirittura possederla e ossessionarla. Impediscono alla mente distare in uno stato che porta alla concentrazione e alla realizzazione della verità. Si impossessano della mente e prendono il sopravvento sulla saggezza. Liberarsi dei Cinque Ostacoli è come liberarsi da un debito, riprendersi da una malattia, uscire di prigione, raggiungere un luogo sicuro.
Si dice spesso che per sviluppare la calma concentrata e poi realizzare stati di profondo assorbimento meditativo (Jhana) è necessario almeno sospendere l’operatività dei Cinque Ostacoli.

COME LAVORARE SUI CINQUE OSTACOLI?

È una questione soprattutto di pratica che va appresa con un insegnante, ma si può dire qualcosa prendendo spunto sempre dal Satipatthana Sutta. Il Buddha raccomanda prima di tutto di essere consapevoli se uno o più ostacoli sono presenti o meno nella mente del meditante. Inoltre raccomanda di sapere come un ostacolo non sorto può sorgere, come un ostacolo sorto può essere abbandonato e come un ostacolo abbandonato possa non sorgere più in futuro. La consapevolezza è quindi in questo caso uno sguardo ampio sulla percezione, la mente e i meccanismi che le regolano. Si nota infine come il Buddha non raccomandi alcuna azione repressiva, giudicante o moraleggiante nei confronti dei Cinque Ostacoli, ma una pura e semplice pratica di consapevolezza. Semplicità che a volte è difficile da comprendere appieno.