1.
Desiderio
dei sensi.
2. Avversione.
3. Indolenza e torpore.
4. Irrequietezza e preoccupazione
5.
Dubbio.
IN QUALE DISCORSO IL BUDDHA PARLA DEI CINQUE OSTACOLI?
Il Buddha parla dei
cinque ostacoli in numerosissimi discorsi, ma in questo contesto a noi interessa
riferirsi a quanto detto nel Satipatthana Sutta. È interessante e non priva di
significato la loro posizione nell’ambito di questo Discorso che inizia, come è
noto, nel fondare la pratica nella consapevolezza del corpo. Il passo
successivo è esaminare le reazioni emotive alla percezione (Vedanā), in pratica
accorgendosi dei moti di attrazione o repulsione che proviamo di fronte a un’esperienza.
L’esperienza, tanto quella ordinaria quanto quella meditativa, è inoltre
accompagnata da un variare del tono qualitativo della nostra mente (avidità,
rabbia, confusione, concentrazione eccetera), e anche su questo si è invitati
ad appuntare la consapevolezza. Poi si passa a cinque Dhamma, che potremmo
descrivere come elementi della dottrina considerati esperienzialmente. La loro successione
conferma quanto osservabile in generale nel discorso: il Buddha elenca gli
elementi su cui portare l’attenzione in una sequenza dal più grossolano al più
sottile in una progressione che indica una strada di pratiche sempre più vicine
all’obbiettivo finale (anche se questa successione ideale trova spesso ben poco
riscontro nella propria pratica). I Cinque Ostacoli sono il primo Dhamma. (gli
altri quattro sono i Cinque Aggregati dell’attaccamento, le sei Basi dei Sensi,
i sette Fattori del Risveglio e le Quattro Nobili Verità.
PERCHE’ (SOLO) CINQUE?
E’ difficile dare una
risposta a questa domanda senza affidarsi alla lungimiranza e saggezza del
Buddha. Alcuni maestri hanno però notato come questi Cinque Ostacoli
corrispondano a delle tendenze energetiche di base presenti negli esseri umani:
andare verso, respingere, cadere nell’inazione, eccitarsi, vacillare. Quando si
incontra nella propria vita o nella propria pratica una determinata tendenza,
più o meno disturbante, possiamo chiederci quale sia la sua qualità energetica
e molto probabilmente ci sarà facile trovare una corrispondenza nelle succitate
tendenze. Si dice a volte che nel Buddhismo dei Sutta ci sia poca enfasi sulla
paura. Alla luce di quanto sopra si può invece praticare chiedendosi: “la paura
che provo mi blocca, mi eccita mi manda in confusione….?” Stare con la
paura può diventare quindi consapevolezza di uno o più ostacoli.
OSTACOLI A COSA?
Si tratta di ostacoli
mentali che impediscono lo sviluppo della mente, la distraggono e la
disturbano, possono addirittura possederla e ossessionarla. Impediscono alla
mente distare in uno stato che porta alla concentrazione e alla realizzazione
della verità. Si impossessano della mente e prendono il sopravvento sulla
saggezza. Liberarsi dei Cinque Ostacoli è come liberarsi da un debito,
riprendersi da una malattia, uscire di prigione, raggiungere un luogo sicuro.
Si dice spesso che per sviluppare
la calma concentrata e poi realizzare stati di profondo assorbimento meditativo
(Jhana) è necessario almeno sospendere l’operatività dei Cinque Ostacoli.
COME LAVORARE SUI CINQUE OSTACOLI?
È una questione
soprattutto di pratica che va appresa con un insegnante, ma si può dire
qualcosa prendendo spunto sempre dal Satipatthana Sutta. Il Buddha raccomanda
prima di tutto di essere consapevoli se uno o più ostacoli sono presenti o meno
nella mente del meditante. Inoltre raccomanda di sapere come un ostacolo non
sorto può sorgere, come un ostacolo sorto può essere abbandonato e come un
ostacolo abbandonato possa non sorgere più in futuro. La consapevolezza è
quindi in questo caso uno sguardo ampio sulla percezione, la mente e i
meccanismi che le regolano. Si nota infine come il Buddha non raccomandi alcuna
azione repressiva, giudicante o moraleggiante nei confronti dei Cinque Ostacoli,
ma una pura e semplice pratica di consapevolezza. Semplicità che a volte è
difficile da comprendere appieno.
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