domenica 12 febbraio 2017

19 febbraio - incontro gratuito di meditazione

Il 19 febbraio come sempre alle dieci terrò un altro dei miei incontri di meditazione la domenica mattina al Centro Yoga BKS Iyengar di Via Vegezio, 6 a Roma (Balduina), che è ben collegato al resto della città con la M1 (Cipro, o anche Valle Aurelia per chi non ha paura dei tornanti nel  percorso ciclo pedonale del Parco Ciocci, scrivetemi per info) e con la FM3 (Appiano Proba Petronia). Ecco le altre date: 

 19  marzo  -  2  aprile ore   10

Questo sarà il primo di alcuni incontri dedicati al raccoglimento.
Confermo le solite informazioni spicciole: La partecipazione è libera da qualsiasi vincolo di presenza continuativa ed è gratuita. La puntualità è molto gradita. Nel Centro troverete tutto ciò che può essere necessario per sedersi comodamente.
Dopo una breve introduzione guiderò una meditazione di 35-40 minuti a cui seguirà una sessione di condivisione o domande e risposte. Una seconda meditazione più breve concluderà l'incontro che terminerà alle 12 circa.

martedì 7 febbraio 2017

Attenzione in musica

Avete presente come fa l’inizio della Sagra della Primavera di Igor Stravinskij? Se me lo avessero chiesto fino a due giorni fa avrei detto che inizia con una misteriosa frase di fagotto solo, ripetuta alcune volte seguita immediatamente da quella specie di famoso basso ostinato degli archi con trombe e tromboni che marcano gli accenti disposti in modo quasi caotico. Una vera sfida per le coreografie di Djagilev! Questo mi ricordavo sulla scorta di ascolti radiofonici e di dischi (in casa d’altri, dato che non possiedo cd di Stravinskij).
Qualche giorno fa all’Auditorium di Roma mi sono accorto che non è così. Tra i due momenti sopra descritti passano quasi quattro minuti nei quali intervengono diversi strumenti a fiato (specie quelli di registro basso, tra cui un'insolito flauto contralto in sol) a creare un momento sospeso e misterioso, nel quale non prevale nessuna melodia. Quindi è una musica difficile da ricordare a meno che, inchiodati nella poltrona della sala di concerto non si sia costretti a fare attenzione.
Da meditante e appassionato di musica classica mi ha sempre colpito il rapporto tra ascolto e attenzione, e frequentemente questo argomento è stato oggetto della mia osservazione.
Come mai la Missa Papae Marcelli di Palestrina, relativamente breve, e così difficile da ascoltare con attenzione fino in fondo? Perché dopo aver ascoltato il terzo movimento del quartetto op. 132 di Beethoven, per i restanti 40 minuti di concerto la mia testa era come un frullatore piena di pensieri distraenti? Me lo chiedo perché l’attenzione è il mio pane quotidiano, sia nella pratica della meditazione, sia nella mia professione di counseling. Vediamo di dare qualche risposta.
Nel caso di Palestrina diverse linee melodiche si intrecciano fin quasi a scomparire nella polifonia, che in questo caso è il vero oggetto di contemplazione. La dimensione temporale dello svolgimento musicale è chiaramente in secondo piano. Ogni battuta va contemplata in senso verticale (cioè nel senso delle armonie che si susseguono) e il godimento proposto è fortemente formale e intellettuale.
Beethoven invece in quel quartetto ha raggiunto un apice di tensione emotiva, e credo che ascoltandolo per la prima volta dal vivo io abbia raggiunto una vera e propria saturazione. Non ero in grado di ricevere più nulla. O forse tutto il resto del concerto non era in grado di stimolare in me ulteriore interesse, la musica successiva era come se volasse troppo basso.
Potrei fare altri esempi, ma vediamo che nel primo caso c’è un eccesso di intelletto nel secondo un eccesso di emozione. E allora, mi si può chiedere, anche durante la meditazione succede di sperimentare attività dell’intelletto o intensi flussi emotivi, qual è il problema?
Nella meditazione cerchiamo di ancorarci saldamente al corpo. Questa è la differenza. Il pensiero, le emozioni sono quell’aspetto cangiante della realtà che può essere contemplato se e quando il nostro sistema mente-cuore-corpo è correttamente disposto. Iniziamo portando la mente a delle sensazioni fisiche e le osserviamo per quelle che veramente sono. Accogliamo i fenomeni esterni e interni che accadono dalla prospettiva del nostro centro, e lì torniamo quando contempliamo la cessazione dei fenomeni.
Si esercita così: calmando il condizionante del corpo inspiro;
Si esercita così: calmando il condizionante del corpo espiro.
(Anapanasati Sutta)

La musica, per quanto si muova in un reame estremamente sottile, è evocatrice di vissuti, accadimenti, coinvolgimenti, attività, mentre la meditazione si serve (ma forse non è il verbo adatto, meglio si incentra?) sul corpo per coltivare la calma del nostro essere. La musica è un procedimento additivo, la meditazione purifica.
E nel counseling, che è un’attività vera fatta di scambio, di parole, di sguardi, di interazione? Beh, mi chiedo quanto questa attività sia in realtà una specie di epifenomeno di una calma più profonda, dove avviene un sostare, un sentire, un esserci, e mi chiedo se sia questa realtà più nascosta (forse è più facile chiamare tutto ciò semplicemente setting) ad agire la trasformazione. È fondamentale anche nel counseling riportarsi al corpo, al qui e ora, a quel che si sente ad ogni livello. E questo forma una solida base per un’attenzione solida e concreta.
Per tornare alla musica ci sono altre due cose che voglio dire. A rischio di scrivere qualcosa di estremamente impopolare, quando ascolto Bach sono sempre colpito dal suo aspetto matematico-intellettuale, che mi diventa quasi insopportabile, ad esempio, nell’Offerta Musicale. Ma sento che tutto viene rettificato quando, nelle sue composizioni, compaiono dei cantanti: la voce umana restituisce l’elemento corpo che riequilibra i voli dell’intelletto.

Infine un mistero. Come è possibile che io abbia resistito con un’attenzione sempre fresca e vigile per tutte e quasi le cinque ore del Tristano e Isotta? Qui ci vorrebbe un esperto che ne sa più di me. Solo in parte sono stato rapito dalla messa in scena, dai cantanti, costumi e scenografia. Non sono stato così coinvolto dal Barbiere di Siviglia, che è ben più corto. Intuisco, sento che nella musica di Wagner c’è un fattore corpo assai forte. È qualcosa di cui la sua musica è profondamente permeata. Non so quanto l’autore se ne rendesse conto, considerando il libretto non mi pare di poterlo riscontrare. Ma non me ne intendo abbastanza per dire di più.